"Casa di bambola": verso l'emancipazione femminile

"Casa di bambola" è un romanzo dell'autore svedese Henrik Ibsen, datato al 1879.

Per quegli anni, dati gli sviluppi della trama, tale produzione letteraria non riscosse il successo che avrebbe meritato, poiché l'autore, nel romanzo, descrisse una situazione fuori dal comune, per l'epoca.
Nora, la protagonista, infatti, per amore del marito aveva contratto un prestito illecito, che si risolse solamente quando una parente della donna contrasse matrimonio col creditore. Quando l'uomo venne a conoscenza della realtà, anziché apprezzare la donna per il gesto di incommensurato amore, cominciò ad essere assalito dall'ansia e dal tormento per l'integrità della propria reputazione.

Ne conseguì che la protagonista, scoraggiata, vide crollare la "casa di bambola" nella quale aveva vissuto fino a quel momento: tutte le sue certezze cominciarono a vacillare, e lentamente anche a crollare. Dunque Nora, ormai profondamente ferita, cominciò a constatare che il suo matrimonio, durato ben otto anni, era null'altro che una gabbia dorata nella quale il suo ruolo era pari a quello di una marionetta, e decise repentinamente di abbandonare suo marito per ricercare la sua vera identità.



Come Ibsen stesso ha scritto nei suoi appunti:

«Depressa e confusa dalla sua fede nell'autorità, perde la sua fede nella sua correttezza morale e nella sua capacità di crescere i suoi figli. Una madre in una società contemporanea che proprio come certi insetti che fuggono e muoiono quando compiono i loro doveri nella propagazione della loro razza.»


Ecco, fu proprio questo epilogo a suscitare scandalo nella società borghese di tutta Europa, tanto che addirittura, per far sì che l'opera venisse portata in scena al teatro, l'autore dovette rimodulare l'epilogo, adattandolo alle richieste del pubblico e della critica. 

Locandina di un adattamento teatrale del 2016


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