La solitudine in una "Notte stellata"

Un tormento interiore che trova la sua espressione nella pittura, quello che Vincent Van Gogh raffigura nella sua "Notte stellata", custodita al MoMA dal 1941.



In questa tela l'autore ha cercato di intessere un contatto con la realtà, poiché ha immortalato su tela ciò che egli vedeva dalla finestra della sua camera, quando si trovava presso il manicomio di Saint-Rémy. Tuttavia, Van Gogh non ha rappresentato, come possiamo notare, la realtà così come essa effettivamente appariva. E' pervenuta su tela, infatti, una visione estremamente interiorizzata del mondo a lui circostante, che tende persino alla dimensione dell'onirico.

Come un obelisco egiziano, a sinistra del dipinto troviamo un cipresso che collega la terra al cielo. La vita e la morte. A destra invece troviamo un paesino dalle forme "amalgamate", ed eccezion fatta per il campanile della chiesa, non vi sono altre vette significative. 



Il genio dell'artista, che corrisponde anche alla sua sofferenza, ha il suo libero sfogo nella parte superiore del quadro, dove troviamo raffigurati uno spicchio di luna e le stelle, avvolte tutte in un chiaro vortice di luce, formando una sorta di irradiazione. 

La scena offerta da Van Gogh in questa "Notte stellata" è tutt'altro che idilliaca. Traspare dal contrasto cromatico, infatti, la drammatica vitalità del pittore, la sua solitudine e la desolazione che ne scaturisce. 



Personalmente, credo che questa sia l'opera più bella che Vincent Van Gogh abbia mai realizzato.
Non l'ho ancora vista dal vivo, e sebbene speri di poterlo fare molto presto, non posso che immedesimarmi e carpire tutto quello che l'artista ha voluto esprimere in questo dipinto. Il caratteristico contrasto tra il giallo tendente al bianco ed il blu del paesaggio "addormentato", è una chiara contrapposizione tra la realtà e le dure sfide che ci presenta e la quiete del cielo, del sogno, della tranquillità, che purtroppo l'autore ha trovato solo nella morte. 

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